|
Attività
Performances 2012
|
Progetto Incontracinema |
Cinema
Odeon Piazza
Strozzi
Mediateca Regionale di Fondazione Sistema
Toscana- Provincia di Firenze (Programma Incontracinema), in
collaborazione con Comune di Firenze, Laboratorio Immagine Donna e
Giardino dei Ciliegi presentano il calendario degli appuntamenti
all’Odeon
Marzo
con il cinema delle registe
Giorni
8-19-20-21-22
Film per le scuole introdotti da esperti,
schede didattico - informative. Laboratori a seguire con studenti e
docenti o incontro con l’autrice.
8 marzo, ore 10
E ora dove andiamo?
di
Nadine Labaki
Francia, Libano, Egitto, Italia 2011
Successo libanese
pluripremiato a Cannes e Toronto, campione d’incassi nel suo paese.
La regista e attrice di lingua araba più interessante del momento
riesce ad
affrontare un tema di sconvolgente importanza e attualità (i
conflitti per motivi religiosi) con uno sguardo divertito e amaro
insieme, che coniuga in modo perfetto un tono quasi fiabesco
con un fondo di disillusione e realismo, mescolando disinvoltamente
dramma, commedia e musical.
È proprio l’alternarsi di dramma e commedia a convincere, fino al
memorabile finale. Gli stessi momenti tragici della storia reggono
da tutti i punti di vista: recitativi, visivi, narrativi. Insomma,
Nadine Labaki (che è sempre anche tra
le protagoniste dei suoi film), si conferma cineasta davvero molto
interessante. Cinema che si muove su un confine che non esiste,
anche nervosamente con la macchina a mano, che imprigiona il caos
espressivo del suo mondo, lasciando che l’immaginario sia libero tra
farsa e tragedia, evitando ogni forma costruita di sublimazione.
Sembra trovare nuove destinazioni: se il passato non esiste, il
presente è traballante, per fortuna il futuro chiede: “E adesso dove
si va?”.
M.B. Sentieri Selvaggi
19 marzo, ore 10
Almanya- la mia famiglia in Germania
di
Yasemin Samdereli
Germania-Turchia 2011
Commedia brillante, opera prima
di due sorelle, Yasemin e Nesrin Samdereli, rispettivamente regista
e sceneggiatrice. Innamorate di un genere cinematografico
importante, che va da Ernst Lubitsc e Woody Allen, lo rielaborano in
salsa turco-tedesca (due cinematografie di tutto rispetto, piene di
giovani talenti). Autobiografico in senso generazionale, il film
racconta il tragicomico viaggio in Turchia della famiglia del
patriarca Hussein Yilmaz, che dopo 40 anni di emigrazione ha
comprato in segreto una piccola casa in Anatolia. Così, tra flash
back sull’arrivo in Germania, avventure di viaggio e filmati
amatoriali degli anni’70, si sorride e si ride ma si entra, in modo
non banale, nel vivo di temi sociali molto caldi come quello
dell’identità, dell’integrazione, dell’umanità migrante.
La famiglia Ylmaz rappresenta un condensato della sfida che
attende le nuove generazioni, in bilico fra l’appartenenza alle loro
origini e un mondo costruito a partire da loro.
David Zonta Vivilcinema
20
marzo, ore 10
Io, la mia famiglia Rom e Woody Allen
di
Laura Halilovic
Italia
2009 Incontro con l’autrice
Lo sguardo di Laura
Halilovic è diretto, impietoso ironico e appassionato, come
può esserlo quello di una persona 19 anni che insegue un sogno.
Anche se è un sogno un po’ particolare: conoscere Woody Allen e fare
cinema, per raccontare dall’interno il mondo dei Rom. Per ora,
questa ragazza coraggiosa, Woody Allen è riuscito solo a vederlo al
Festival di Venezia, ma il suo piccolo film l’ha realizzato davvero
con una telecamera vinta al concorso Sottodiciotto, l’aiuto
di due giovani amici documentaristi e della sua famiglia. Sì perché
Laura Halilovic è cresciuta, fino a 9 anni, in un campo Rom, con
genitori, nonna, fratelli e cognati. Ci racconta la sua infanzia
“normalmente” felice piena di affetto, musica e allegria che il papà
ha documentato con una cinepresa amatoriale, nei “filmini” delle
feste e ricorrenze liete. Poi ci sono le difficoltà, le
incomprensioni, le paure ma il film ha la capacità sorprendente
ed efficace di mostrare i non rom, (i Gagè) come i diversi, rendendo
bene i cambiamenti delle percezioni dall’infanzia all’adolescenza,
assieme a quelli del passaggio dalla vita nomade a quella di un
quartiere alla periferia di Torino. Con la voglia di non tagliare le
proprie radici ma di non sottostare alle tradizioni quando, ad
esempio, impongono di sposarsi prestissimo o non studiare.
Molto bello,
molto premiato ma poco visto. Non distribuito perché di durata non
commerciale è passato in televisione in orario proibitivo.
Cristina
Piccino Il Manifesto
21 marzo, ore 10
Le stelle inquiete
di
Emanuela Piovano
Italia
2010 incontro con l’autrice
Nell’impresa difficile di portare sullo schermo il personaggio
Simone Weil, Emanuela Piovano sceglie un periodo particolare e unico
della vita della filosofa francese. Forse il meno conosciuto. Simone
Weil, pur essendo soprattutto una studiosa immersa nella sua
riflessione, che spaziava dall’indagine sul concetto di libertà tra
filosofia antica e contemporanea, al rapporto della filosofia con il
misticismo e le religioni orientali, non si era mai sottratta al
confronto con le emergenze del suo tempo, anzi riteneva che
rispondere ai bisogni del mondo fosse un dovere personale e non solo
intellettuale. Così, aveva deciso di condividere la sorte degli
ultimi, rinunciando a comodità e beni materiali, facendosi, ad
esempio, operaia delle Officine Renault e contadina nell’episodio
narrato dal film. Mentre i regimi totalitari e guerrafondai
esaltavano forza fisica e bellezza come distintivi di superiorità
individuale razziale, la giovane guerriera senza armi, concedeva ben
poca attenzione al corpo e agli affetti. Nel 1941, in fuga dalle
leggi razziali, conseguenza dell’occupazione tedesca, giunge in un
paese della Francia del Sud tra rigogliose coltivazioni di vite e
dolci colline. Qui, l’armonia della natura e il calore della
famiglia del filosofo vignaiolo Gustave
Thibon, che coraggiosamente la ospita, la portano ad intuire
il piacere e la possibilità di una vita diversa. Nel breve momento
felice, prima di immolarsi totalmente e
definitivamente al suo destino.
Simone, in procinto di lasciare il sud della Francia, consegna a
Gustave, che lo pubblicherà, il manoscritto del libro L’ombra e
la grazia.
Un
film ascetico per una pensatrice ascetica, un’estate luminosa e
sensuale che però esclude i piaceri del corpo, un episodio poco noto
della vita di Simone Weil rievocato con dolcezza e profondità da una
regista indipendente che coglie tutta l’attualità del personaggio.
Anche grazie all’interpretazione miracolosa della francese Lara
Guirao, che dona momenti di vera grazia a questa giovane filosofa
chiusa al contatto ma traboccante di amor pànico e consapevole in
ogni sua fibra della gravità del momento («la Storia è qui, e noi
siamo Storia»).
Fabio Ferzetti Il messaggero
22
marzo, ore 10.00
Bride and prejudice
( Matrimoni e pregiudizi)di Gurinder Chadha
Usa-Regno Unito 2004 (proiezione in lingua originale-inglese.)
Orgoglio e Pregiudizio
di Jane Austin trasferito ad Armitsar (Punjab). Nomi dei personaggi
(non tutti) modificati, ragioni del cuore e della mente
inalterabili, pregiudizi da combattere, non più soltanto tra uomini
e donne, ma anche tra culture e paesi, una scena allargata,
postcoloniale e globalizzata. Il tutto con i colori, i ritmi
travolgenti e le coreografie e la musica del cinema indiano.
Bollywood, che produce 900 film l’anno e non solo nel nome fa
concorrenza a Hollywood.
Ma soprattutto è un fenomeno
culturale ed artistico che riceve enorme attenzione dalla critica
letteraria, cinematografica e sociologica. E’ considerato una
risorsa per la lettura e comprensione dei portati (alcuni parlano di
ibridizzazione) delle diaspore dal sub-continente indiano verso
l’Inghilterra, gli Stati Uniti e il Canada.
“The
ease with which the basic plot premise of Pride and Prejudice—a
mother with grown-up daughters obsessed with their
marriage—transfers to a contemporary Indian setting does seem to
substantiate this idea of belatedness. The spatio-temporal contours
of the narrative require changes to accommodate the transference
from eighteenth-century English countryside to twenty-first-century
India, but in terms of themes, character types, and even plot
elements, Bride and Prejudice is able to “mimic” its master text
faithfully. While the Bennets, Bingleys and Darcy negotiate the
relationship between marriage, money and social status in an England
transformed by the rise of industrial capitalism, the Bakshis,
Balraj and, yes, Will Darcy, undertake the same tasks in an India
transformed by corporate globalisation. Differences in class are
here overlaid with those in culture as a middle-class Indian family
interacts with wealthy non-resident British Indians and American
owners of multinational enterprises, mingling the problems created
by pride in social status with prejudices rooted in cultural
insularity. However, the underlying conflicts between social and
individual identity, between relationships based on material
expediency and romantic love, remain the same, clearly indicating
India’s belated transition from tradition to modernity”
From British “Pride” to Indian “Bride” di
Suchitra Mathur
Indian Institute of Technology, Kanpur
Studenti: ingresso 4 €. Docenti: ingresso gratuito
Le prenotazioni devono pervenire per email
a
m.zappacosta@fondazionesistematoscana.it o
c.toschi@fondazionesistematoscana.it.
tel 055 2719024
Dovranno
contenere il nome della scuola, le classi, il numero degli allievi
che parteciperanno, i nomi dei docenti accompagnatori e,
possibilmente, una loro e-mail. |