Nel mese di dicembre 2004 a Napoli e a Firenze si sono svolti due convegni dedicati a Rosa Luxemburg, organizzati rispettivamente dal Forum delle donne del Prc insieme alla Convenzione permanente di donne contro le guerre, e dall’Associazione Rosa Luxemburg.
Bagnoli 4 dicembre: La Rosa e le spine
Convegno internazionale sul pensiero di Rosa Luxemburg che si e’ svolto lo scorso dicembre a Bagnoli, nell’area di quella che fu una grande acciaieria e che ospita oggi la Citta’ della scienza.
Il convegno, organizzato dal Forum delle donne del Prc, nazionale e napoletano, insieme alla Convenzione permanente di donne contro le guerre e da Transform Italia, con il patrocinio del Comune di Napoli e dell’assessorato alla pace della Provincia, ha messo a tema l’attualita’ di Rosa Luxemburg individuando tre temi sui quali vale la pena di riferirsi al suo pensiero e alla sua pratica politica: l’antimilitarismo e la critica dei nazionalismi, la liberta’ e il nesso liberta’-comunismo, la rivoluzione come
autoliberazione (il socialismo non si fa per decreto). Ma fin dall’introduzione di Lidia Menapace (portavoce della Convenzione),
Rosa ci propone anche, e prima di tutto, “un atteggiamento diverso nei confronti della politica… luogo di grandi affetti e grandi passioni”, atteggiamento che le consenti’ di vivere “relazioni umane intense anche con persone con le quali polemizzava aspramente”. Quindi “per rinnovare la cultura politica del nostro tempo, possiamo rifarci a Rosa, per concepire la politica come dimensione umana di una persona che voglia dirsi umana, un modo di essere in relazione con altri differenti”. Lidia sottolinea
l’unicita’ di Rosa, e la fecondita’ del suo insegnamento per una politica che deve “riacquistare il carattere di totalita’ razionale, di analisi critica e confronto fra persone: ragione, cuore, sentimenti, interessi, prospettive, sogni”. Sul pensiero politico di Rosa Luxemburg, lasciato “in germe” dalla sua tragica morte, vale la pena di “mettere in moto i cervelli di sinistra”, su alcuni elementi di originalita’: il modo in cui e’ pensato il processo rivoluzionario, le critiche a Marx a proposito di economia, la questione della pace e della guerra. Per Gabriella Bonacchi, della Fondazione Lelio Basso, Rosa Luxemburg “non ha dato vita a una scuola, ma a una genealogia”, e di questa genealogia uno dei momenti piu’ interessanti e’ il movimento studentesco nella Germania
Federale nel 1968, con la sua dimensione antiautoritaria. Rudi Dutschke citava Rosa affermando che “e’ esercitando il potere che una massa impara ad esercitarlo”, mettendo cosi’ in discussione il programma di “educare il proletariato al socialismo”, attaccando cosi’ il rapporto autoritario maestro-allievo. In Rosa e’ presente un atteggiamento che evita sia la “profezia” di un radioso avvenire, che l’analisi fredda dei fenomeni sociali: “troviamo… la vena sottile di malinconia di chi crede in cio’ che
pensa e in cio’ che fa, ma non e’ fideisticamente convinta del successo delle proprie azioni”. Lei, teorica del crollo del capitalismo, e’ “in disaccordo sia con i freddi analisti, che con chi prefigurava una fuoriuscita narcisista dal corso serrato degli eventi”, criticando al tempo stesso il soggettivismo e chi vedeva come oggettivo il futuro crollo.
Rina Gagliardi, di “Liberazione”, mette in luce la colossale rimozione di Rosa Luxemburg ad opera delle due correnti maggioritarie del socialismo del ‘900: i socialdemocratici, colpevoli del suo assassinio, e i comunisti della terza Internazionale, che giudicarono il suo pensiero un insieme di errori. Ma “fare di lei un’anticomunista e’ scorretto: il suo giudizio sulla
rivoluzione sovietica e’ un giudizio dall’interno”. Punto chiave dell’attualita’ del suo pensiero e’ la riproposizione dell’alternativa
“socialismo o barbarie”. Siamo nel 1915: “la barbarie e’ questa guerra”. Rosa ha momenti di “profezia” quando vede una “guerra permanente come esito del militarismo”. E il socialismo, per farsi, ha bisogno del soggetto rivoluzionario, del movimento di massa. Rosa Luxemburg non e’ una spontaneista, passa la vita a fondare partiti, pur convinta che “cio’ che e’ istituzionalmente organizzato e’ necessario, ma contiene dei limiti, e corre il rischio di costruire una burocrazia”.
Christiane Reymann, della Fondazione Rosa Luxemburg di Berlino, nota come oggi il Partito della sinistra europea fa suo il ricordo di Rosa, con una netta inversione di rotta rispetto al giudizio vigente anche nella Ddr. Da questo puo’ ripartire un movimento politico-culturale, di cui si sente la necessita’, perche’ “noi di sinistra, noi femministe, non siamo ancora un
movimento politico-culturale, o non siamo ancora tornate ad esserlo, mentre lo e’ il capitalismo”.
Guido D’Agostino, dell’Istituto campano di storia della Resistenza, evoca una figura storica del socialismo napoletano, Vera Lombardi, la cui vicinanza ideale con Rosa Luxemburg non e’ documentata in maniera sistematica, ma sta nella comune dimensione di un “marxismo antiautoritario e antidogmatico”. Intervenendo nella polemica sulla “terza via” e sull’esaurimento della spinta propulsiva della rivoluzione d’ottobre, aperta da Berlinguer a proposito degli avvenimenti polacchi (inizio anni ’80), Vera Lombardi riprende da Rosa cio’ che le e’ piu’ congeniale: “il rapporto dialettico fra le leggi oggettive della storia e la soggettivita’ rivoluzionaria, un umanesimo marxista, l’esigenza di emancipazione che e’ del singolo individuo”. Per D’Agostino andare verso Rosa, significa trovarsi a quel bivio (fra socialdemocrazia e comunismo) dove e’ stata scelta una strada (il socialismo reale) che ha portato a “buttare via il bambino con l’acqua del bagno”. A quel bivio “ci si imbatte in Rosa Luxemburg e si deve capire cosa farsene e come ricominciare”.
Ha chiuso la mattinata Nadia Nappo, delle Donne in nero di Napoli, leggendo una serie di testi (raccolti insieme a Simona Ricciardelli) in cui emerge di Rosa la dimensione umana e la ricchezza di sfaccettature.
Alla ripresa occupa di nuovo la scena l’immagine di Rosa, evocata da Ingeborg Hunziger, artista tedesca, scultrice, che ha operato a lungo anche in Italia: la rivoluzionaria polacca era una donna elegante, portava bei cappelli a larga tesa, amava gli uccelli, le persone.
Per Lidia Cirillo, uno degli aspetti cruciali del pensiero di Rosa Luxemburg e’ “la critica della burocrazia, la prima nella storia del movimento operaio, dall’interno”. Prima di lei, un pensatore di destra, liberale, conservatore e nazionalista, Max Weber, aveva individuato nella burocratizzazione il tallone d’Achille del movimento operaio, traendone motivo per tranquillizzare la borghesia sugli esiti possibili di una prospettiva rivoluzionaria. Per Rosa, ovviamente, la burocratizzazione del partito era fonte di grande preoccupazione. Critica la forma-partito, pur avendo passato la vita a fondarne tre: “non esistono apparati di partito buoni o cattivi, sono conservatori per natura”. Di fronte all’alternativa “socialismo o barbarie” Cirillo sostiene che “sappiamo che cos’e’ la barbarie, ma forse abbiamo perso la nozione di che cos’e’ socialismo”.
Letizia Pelosi, dottoranda in studi di genere all’Universita’ di Napoli, ha conosciuto Rosa Luxemburg attraverso Hannah Arendt, in particolare in un saggio, nella raccolta L’umanita’ nei tempi oscuri. Rosa, per Arendt, illumina lo spazio pubblico in tempi oscuri, che non sono solo quelli della guerra, ma quelli della “guerra piu’ sottile in cui lo spazio pubblico si oscura e alla politica si chiede di prestare attenzione ai bisogni privati”.
Per Domenico Jervolino, dell’Universita’ di Napoli, Rosa Luxemburg si inserisce in un momento in cui nel movimento operaio emergono anche altre figure significative. Cita in particolare Jean Jaures, anch’egli vittima per il suo antimilitarismo, che dette al giornale, allora del Ps poi del Pc in Francia, il nome “L’Humanite'”, l’umanita’, “vista come qualcosa che non c’e’, non esiste ancora, vista come un progetto di senso, non un destino sicuro”.
Fausto Bertinotti, segretario del Prc e presidente della Sinistra europea, ricorda che per la sua generazione Rosa Luxemburg e’ stata un elemento di alfabetizzazione politica, attraverso la lettura che ne diede Lelio Basso, lettura capace di “indagare i passaggi critici del destino della classe operaia”. Poi, nel ’68-’69, Rosa viene riscoperta, da un movimento che “elegge a propri maestri gli eretici”, per la sua radicalita’ rivoluzionaria. La “stagione dei consigli” ne trae l’interpretazione del movimento come “fondamento della storia e della necessita’ storica, piu’ che come antiburocrazia”. Per Bertinotti “la critica antiburocratica e’
conseguenza del dominio del movimento”, quello che interessa e’ “il rapporto fra le esperienze delle masse e le forme organizzate di queste esperienze”.
Scipione Semeraro, presidente di Transform Italia, mette a fuoco il ruolo di Rosa come insegnante “nel” partito: la scuola e’ per lei anello di congiunzione fra coscienza politica e societa’.
La proiezione del bel film di Margarethe Von Trotta conclude il convegno.
Firenze 11 e 12 dicembre: Politica e conflitto
Il terzo seminario dell’Associazione Rosa Luxemburg affronta il tema “politica e conflitto”. Siamo nella sede nuova del Giardino dei Ciliegi, storica associazione femminista fiorentina, che non solo ospita, ma organizza, assieme all’Associazione Rosa Luxemburg, questo seminario: un incontro di donne, femministe e pacifiste, e di alcuni uomini. Le donne dell’Associazione infatti hanno deciso di sperimentare nell’occasione quello che chi scrive definisce “invitare gli uomini nel paese delle donne”. Non solo hanno accolto con piacere la loro presenza fra il pubblico (anche i seminari precedenti erano aperti), ma hanno scelto di
impostare una delle tre principali relazioni come un dialogo a due voci, in cui Luciana Brandi e Aldo Ceccoli, partendo dalla loro comune militanza politica (in un partito di sinistra) si sono chiesti “quale altra politica dal dialogo fra i generi?”. E hanno avanzato una proposta ambiziosa: a Firenze, una Libera Universita’ di donne e di uomini, dedicata a Ipazia, grande scienziata antica, vittima della misoginia e dell’incontro fra cristianesimo e potere statale.
Del conflitto nei luoghi della politica ne sapeva qualcosa anche Rosa, dalle cui lettere (ne ha dato conto Clotilde Barbarulli) emerge la difficolta’ a tenere insieme la “grande politica” e l'”eternamente umano”: la sua scelta e’ dalla parte dell’umanita’, a costo di essere in lite con il partito o quantomeno con i suoi dirigenti.
Figura mitica del conflitto, Antigone, al centro della relazione di Marisa La Malfa (L’etica nella singolarita’), che l’ha incontrata nella sua riflessione, partendo dal pensiero antidogmatico di Rosa Luxemburg, intrecciato con quello di Hannah Arendt e Simone Weil (seminario 2001) e affrontando poi il tema del conflitto fra stati e della “via al diritto e alla liberta’” (seminario 2003). Ne parla, ancora, per dire la sua Antigone, quella a cui lei ritorna, noi tutte ritorniamo (Ida Dominijanni ha parlato
di un’Antigone “ricorrente”). Antigone che non rappresenta la legge del sangue, contrapposta alla legge della polis (come nelle letture piu’ antiche), ne’ e’ soltanto la disubbidiente, contro il potere (di Creonte), ma e’ “autonomos” cioe’ colei che si da’ la propria legge. La relazione di Carla Ravaioli ha messo a tema un modello di crescita produttiva che ha come conseguenze crisi ecologica, aumento delle disuguaglianze e guerra, sottolineando l’importanza e la necessita’ che “le donne si occupino – da donne – di tutto questo”. E il primo passaggio per occuparsene e’ “affermare a voce alta cio’ che sta accadendo”, che e’, per
dirla con una frase di Rosa, “la cosa piu’ rivoluzionaria”.
Nel dibattito e’ stata sviluppata un’ampia riflessione sul conflitto nei luoghi della politica (partiti, gruppi, movimenti) e sulla politica come modo per gestire i conflitti, accanto a una consapevole ricostruzione critica di cosa e’ invece accaduto nei secoli della storia degli uomini, assenti le donne. Ma le donne assenti, come ha detto Mara Baronti, si presentano adesso con una “baldanza” che la “grande politica” tenta (invano) di spegnere.
Quanto alla presenza di uomini e donne nello spazio pubblico, il “dialogo tra i generi” potra’ dare qualche frutto se entrambi i soggetti si riconosceranno reciprocamente, riconoscendo anche la propria parzialita’. Sapendo che ci troviamo davanti quello che Maria Grazia Campari ha chiamato, “l’imbuto della rappresentanza”, per cui le donne, ma con loro tutti i soggetti storicamente marginali, entrano in gioco soltanto a condizione di non fare troppo “disordine”.
Chi scrive ha scoperto da poco che la parola empowerment significa (sul vocabolario inglese) “autorizzazione” e questo termine e’ stato usato nel pensiero femminista per indicare la legittimazione a “stare nel mondo”: gli uomini si autorizzano da soli, o fra di loro, per stare nel mondo, nello spazio pubblico, le donne cercano l’autorizzazione di un uomo. Rosa ci insegna ad autorizzarci da sole o a cercare l’autorizzazione nella relazione con altre donne.
Anna Biffoli, ringraziando Carla Ravaioli per il suo contributo, ritiene pero’ che le femministe abbiano sempre parlato di tutto, del mondo, cercando addirittura di “inventarne un altro, rompendo la pretesa universalita’ maschile”.
Floriana Lipparini pensa che le donne debbano “prendere in mano le leve della grande economia” e farla tornare a essere “ricerca di strategie per gestire meglio le risorse”, per “garantire il diritto alla vita” dei/delle viventi.
Accanto allo scorrere di relazioni, comunicazioni e interventi (in tutto piu’ di quaranta) si e’ cercato di utilizzare anche metodologie di interazione e di comunicazione meno tradizionali: la ricerca di parole chiave per una mappa mentale disegnata dai nessi semantici, ma soprattutto emozionali, fra i termini politica, conflitto, potere. Questa metodologia di lavoro, abbastanza insolita nelle nostre esperienze di convegni politici, e’ stata proposta da alcune insegnanti (in particolare Patrizia Favaron) che
hanno sottolineato l’esigenza di adottare forme di comunicazione che coinvolgano anche le persone che hanno difficolta’ a parlare in pubblico.
Alidina Marchettini, presidente dell’Associazione, ha concluso invitando a mettere a fuoco come si sta nei luoghi in cui quotidianamente affrontiamo conflitti. Nel segno della singolarita’, di Antigone, “ciascuna di noi e’ chiamata a fare la propria sintesi”. A chi pone e ha l’esigenza di “spendere nel quotidiano” la ricchezza maturata qui insieme, ricorda che “le strade
della mediazione passano attraverso la liberta’ e il desiderio di ognuna e richiedono tempo”.